Vincenzo e io: due terronisti nella notte
di Michele Somma
1 e 2 aprile 2014: elezioni universitarie per eleggere i rappresentanti degli studenti, Dipartimento di Scienze Sociali, Napoli. Non si fa neanche in tempo ad entrare nel cortile che subito di respira un’aria pesante, “aggressiva”, tipica della competizione.
Una mia amica accompagna me ed altre colleghe al seggio ed indica ad un ragazzo che siamo lì per votare. Si trova sul ciglio della porta dell’aula adibita a seggio e sta lì per controllare che tutto si svolga in modo regolare. Capisco che fa parte della lista che avrei votato. Ci accoglie, e aspettando il nostro turno parliamo un po’. È alto quanto me, sorride spesso, sembra anche simpatico. Qualche battutina, poi è il nostro turno, votiamo, all’uscita una stretta di mano, un “in bocca al lupo” e ce ne andiamo.
Il giorno stesso o quello dopo, non ricordo bene, lo incontro nuovamente in cortile. Ci presentiamo, il suo nome è Vincenzo. I seggi sono ancora aperti, quindi si fanno discorsi tipo “come sta andando?”, “quant’è l’affluenza?”, e ovviamente “in bocca al lupo!” quando a un certo punto esce fuori come da un cilindro magico Secondigliano. Ebbene sì, anche lui è del mio stesso quartiere. Perché mi meraviglio? Perché nei miei tre anni di studio a Fisciano, per la Triennale, di Secondigliano avevo conosciuto solo il Prof. Moretti. Voi direte che è normale, perché a Salerno chi vuoi trovare che sia di Secondigliano??!! E invece no, perché anche qui in Dipartimento le persone di Secondigliano che ho conosciuto si contano sulle dita, me lo conferma anche Vincenzo.
Tornato a casa, cerco di sapere qualcosa in più sul mio nuovo amico, sono curioso, cerco di capire chi è e cosa fa. Niente di esagerato naturalmente, basta una ricerca su Facebook e un’altra su Google e scopro che Vincenzo è un giornalista e ha un blog, anche molto seguito, dal nome simpatico quanto accattivante, Il Terronista.
Sfoglio le pagine del blog, mi piace come scrive, nelle sue parole si legge anche una sottile ironia. Mi colpisce anche il suo attaccamento al nostro quartiere e a Napoli, delle quali racconta le storie sia belle che brutte. Leggo, e l’idea che Vincenzo sia la persona giusta da coinvolgere ne La Notte del Lavoro Narrato si fa sempre più forte.
Lo incontro qualche giorno dopo – lo spoglio delle urne è completato e Vincenzo è stato eletto membro del consiglio di Dipartimento -, nell’auletta dei rappresentanti, è impegnato, gli dico comunque che gli voglio parlare appena possibile.
Accade qualche giorno dopo, il mio termometro segnalava ansia, voglia di parlargli dell’iniziativa e presentimenti positivo in aumento. Ci incontriamo ancora nell’auletta, questa volta abbiamo tempo, gli faccio i complimenti, sinceri, per il blog, e gli dico de La Notte del Lavoro Narrato cercando, non è facile, le cose da dire sono tante, di limitarmi all’essenziale.
Gli spiego un po’ in cosa consiste questa iniziativa e delle modalità di svolgimento, che sono molto “flessibili”, dato che si tratta di un evento completamente autogestito, una sorta di macro evento che ne raccoglie tanti altri nello stesso momento.
La situazione che stiamo vivendo la conosciamo tutti, quindi mentre parlo cerco di non essere utopista e paradossale. D’altronde come si può parlare di un evento che ha come tema centrale il lavoro proprio in un momento nel quale il lavoro non c’è?!?! Allora cerco di dirgli che la nostra idea va oltre il lavoro per avere una retribuzione e oltre il momento di crisi attuale; che il nostro vuole essere un input per un cambiamento culturale perché non ci piace il fatto che non si danno al lavoro e ai lavoratori l’importanza e il valore che gli spetterebbero. Se ci metti poi il fatto che l’approccio del cambiamento è quello del lavoro fatto bene, fatto con passione, rigore, nel quale ci metti testa, mani e cuore, allora forse riesci a far comprendere a chi ti ascolta che forse di una questione del genere se ne deve parlare proprio in questo momento.
Dai cenni che fa con la testa, Vincenzo mi fa capire che è d’accordo con me e che non sto dicendo stupidaggini. Sollievo. Aggiungo che questa nostra Notte non vuole essere l’evento che si organizza per un solo giorno e poi basta, se tutto va bene arrivederci all’anno prossimo, che la nostra iniziativa sta dentro un percorso fatto di tante cose. La sua attenzione e il suo interesse aumentano quando gli racconto che dietro questa idea ce ne sono tante altre già realizzate: 2 libri, un’inchiesta partecipata che raccoglie più di 400 storie di lavoro e infine un docu-film.
Cominciamo a discutere, a interloquire, forse è inevitabile, forse no, ecco che all’improvviso finiamo per parlare di noi. Di noi e di Secondigliano. Proprio così, mettiamo da parte La Notte del Lavoro Narrato e iniziamo a condividere i nostri ricordi e ad aprire i nostri cuori. È così che finiamo per raccontarci il legame che abbiamo con il nostro quartiere. Un legame che anche se vorresti farlo è quasi impossibile da spezzare.
C’è poco da fare: anche se vorresti allontanarti, essere completamente indifferente a ciò che accade qui o addirittura andare via da Secondigliano, c’è sempre qualcosa che invece ti fa rimanere. Un po’ è perché sei costretto, perché non puoi andartene, e un po’ perché le circostanze, il “destino”, ti portano comunque a doverci riflettere sopra, a spendere le tue energie mentali e fisiche. Alla fine non puoi restarne fuori ed essere indifferente. Ci raccontiamo di quello che Secondigliano ci ha dato, ma soprattutto quello che ci ha tolto. È inevitabile, purtroppo, ma ad un certo punto ci troviamo a discutere dell’ultima efferata e sanguinosa faida di camorra che ha messo in ginocchio Secondigliano smembrando un’intera generazione di giovani: chi ha preso la cattiva strada si è ritrovato crivellato di colpi e in una pozza di sangue o, nel migliore dei casi, in carcere; chi invece ha deciso di percorrere quella buona, è stato costretto a chiudersi in casa. Ed è così che io e lui andiamo avanti per un po’, a raccontarci e a riflettere sul passato e sul presente. E sì, pure del futuro, anche se è difficile farlo.
Torniamo alla Notte del Lavoro Narrato, anche perché a me preme chiedergli se mi può dare una mano che non sia la semplice condivisione dei post su Facebook. Sì, chiedo a Vincenzo se può intervistare il Prof. Moretti e pubblicare l’intervista sul suo blog, mi dice che non è possibile, perché il suo blog è personale, che l’intervista però la farà lo stesso, che cercherà qualche testata locale interessata all’iniziativa, che penserà a tutto lui, intervista e diffusione. Sono contentissimo!
E’ il momento di tornare ognuno ai propri impegni. Tra l’altro io in quel momento ho anche da seguire un corso, e già ho saltato la prima ora. Sì, proprio così, dai 2 minuti iniziali siamo passati ad una chiacchierata di un’ora. Ci accordiamo su quando aggiornarci e ci salutiamo. Scappo al corso.
Un paio di giorni e Vincenzo mi tagga su Facebook. Sorpresa!, c’è un bellissimo post sul Terronista che parla del nostro incontro e della Notte del Lavoro Narrato. Immaginate la mia gioia quando vedo scritto il titolo “Michele e la notte del lavoro narrato” e il post subito condiviso da altre persone. Nonostante io gli abbia fatto “una capa tanta” (una testa grande così), il mio amico è riuscito a cogliere il senso della nostra iniziativa: «seminare oggi con la cultura del racconto e sperare che domani si raccolga in termini concreti».
Ancora una settimana e vengono pubblicate anche le interviste su tre diverse testate locali e grazie al caso, o alla serendipity?, che vuole che Vincenzo posticipi di un giorno la partenza per il festival del giornalismo di Perugia trascorriamo assieme anche la notte del 30 aprile.
Decidiamo di fare una sorta di reportage dalle periferie di Napoli che ospitano La Notte del Lavoro Narrato e nonostante le difficoltà e i vari problemi tecnici e logistici portiamo a casa un buon risultato e la consapevolezza di aver vissuto una bellissima esperienza.
E non finisce qui, né per La Notte del Lavoro Narrato e né per me e Vincenzo che proprio grazie a questa Notte abbiamo avuto la possibilità di incontrarci, di approfondire la nostra conoscenza, di collaborare, di scoprire che le nostra teste, le mani e i cuori sono sintonizzati sulla stessa frequenza.
Ebbene sì, nelle nostre menti stanno frullando tante belle idee, e una in particolare …
Volete sapere quale, vero? Non ve lo dico ancora! Non ve la prendete, ma se non lo faccio è per tre motivi: uno, perché come dicono il Prof. e Alessio “una cosa è fatta quando è fatta!”; due, un po’ per scaramanzia; tre, perché voglio farvi una sorpresa.
Promesso, se tutto va come deve andare sarete tra i primi a saperlo.
A presto!