#Raccontalavoro: Se stasera siamo qui
#RACCONTALAVORO: STORIE DI “MESTIERI” SVOLTI CON PASSIONE
di VINCENZO BONADIES
Se stasera sono qui … diceva una canzone del ’67 di Luigi Tenco, e proseguiva con … è perché ti voglio bene…
Ebbene, stasera siamo qui a differenza di altre volte, non a presentare un libro o un incontro scientifico con un illustre ospite. Stasera siamo qui, invece, per presentare un libro non ancora pubblicato, un libro non scritto, un “non libro”: un libro che racconta le storie di persone “normali” che non hanno fatto altro che il loro lavoro per decenni, e lo hanno fatto bene. Null’altro.
Un libro composto da solo quatto racconti, ognuno con la forza di un romanzo.
Vi è tutto un filone di opere letterarie che è legato al mondo del lavoro, ai luoghi del lavoro. Chi non ricorda, e purtroppo sono ancora molti a non ricordare, Primo Levi e la sua “La chiave a stella” e “Il sistema periodico”, “I tre operai” di Carlo Bernari, “Donnarumma all’assalto” di Ottiero Ottieri, “La dismissione” di Ermanno Rea e più recentemente possiamo iscrivere a questo filone “Testa, mani e cuore” di Vincenzo Moretti.
Tutti libri che raccontano di operai e luoghi di lavoro.
Il libro di cui parliamo stasera, invece, racconta storie di quattro donne che non sono diventate cavalieri del lavoro, non hanno ricevuto encomi al valor civile per il lavoro svolto, ma hanno sostenuto e creduto in una istituzione, la scuola, che è completamente mutata nell’arco della loro vita lavorativa.
Sono stati esempi, pilastri, delle realtà nelle quali hanno lavorato.
Punti di riferimento come nessun altro.
E ciò non verrà mai certificato, ma la vostra presenza qui testimonia più di ogni altro encomio o riconoscimento che era possibile dare a loro.
Sono entrate nel mondo del lavoro, nella scuola, negli anni ’70, nell’era post-sessantottina, portandosi dietro giovinezza, fantasia, entusiasmo e nuovi metodi di lavoro e insegnamento.
Scontrandosi con una realtà dura a cambiare ma che mostrava crepe preoccupanti.
Hanno lottato con tutte le loro forze ed hanno resistito a tutte le diverse riforme della scuola che periodicamente venivano attuate. E quante ce ne sono state.
Hanno partecipato senza appalti e mazzette alla costruzione delle comunità contro la maleducazione, l’ignoranza, le convenienze di alcuni a danno degli altri.
Alte onde, forti marosi ci sono stati in questi anni, ma la barca è rimasta integra fino ad approdare in terre più calme.
Le abbiamo conosciute giovani più che ventenni, belle naturali, poi donne mature, infine mogli e madri, e oggi qualcuna anche nonna.
Sono riuscite a restare belle naturali, impegnate e curiose anche con mariti, figli e nipoti.
Una tempra, eccezionale.
Eppure, non hanno fatto nulla di eccezionale.
Hanno solo portato avanti, e forse inconsapevolmente, un lavoro ben fatto. Per loro tutte, il lavoro o era fatto ben oppure non era fatto. Non erano del parere che le cose si possono fare tanto per farle, le cose o si fanno bene o non si fanno!
Hanno applicato quanto riferisce l’amico Moretti: un lavoro è fatto bene se è fatto con la testa (sapere), con le mani (saper fare) e con il cuore (amore per quello che fai).
Hanno cresciuto e visto crescere bambini e bambine ora uomini e donne, padri e madri che ancora le riconoscono per strada, creando un legame ora difficile da ritrovare. Per molti, e forse per tutti, sono le maestre e la segretaria, con lettera maiuscola. Ricordate per una vita.
Come una volta.
Parafrasando un testo poetico, forse non siete state autostrade ma sentieri, non avete vinto o perso per le dimensioni degli incarichi ricevuti ma Vi vogliamo dire grazie perché avete dato il meglio di voi stesse, sempre e a tutti. Non tralasciando nulla.
Grazie Alba Pietrafesa, Antonella Renzullo, Giovanna Scognamiglio, Maria Scala.