Archeobar e la Notte del Lavoro narrato

di Isabella Insolvibile

Archeobar e la Notte del Lavoro narrato. Una proposta fatta e immediatamente accolta da tutta la famiglia di questo eroico – l’eroismo è nelle cose quotidiane, nel lavoro di ogni giorno, questo diritto-dovere che sentiamo così forte, no? – tentativo economico-culturale, o culturale-economico: a scegliere l’ordine dei fattori, così direttamente proporzionali, siamo tutti noi che frequentiamo l’Archeobar per lavorarci, presentarci libri, esporre opere d’arte, fare musica, chiacchierare di storia e archeologia, insegnarne ai giovanissimi facendoli divertire, bere un buon caffè o un aperitivo o un dopocena, prepararci esami, festeggiare vittorie e consolarci di sconfitte, stare insieme per trovare chi ci capisce e, se non è così, si sforza di farlo.

musa

Una proposta, quella della Notte del Lavoro narrato, accolta e fatta propria – nel senso stretto dell’appropriarsi sentimentalmente – innanzitutto dai due ideatori (la parola proprietari non ci piace, la cultura è un bene comune, e non ci piace neanche quella di gestori, né capi né altri sinonimi che rimandino a una conduzione oligarchica, gerarchica e padronale dell’idea) di Archeobar, e questo perché il caffè letterario che hanno inventato è proprio una sintesi narrativa del lavoro. Per capire in che senso, basta leggere le pareti di Archeobar, o osservare le mensole piene di libri in un disordine creativo, oppure la scritta angolare che rimanda a ulissi familiari e così ispiranti: Archeobar è tutto lavoro scritto e narrato, è tutto lavoro fatto e da fare. Archeobar nasce dall’idea che il lavoro, anche se esercitato in ambiti diversi, può essere coniugato, declinato, reso possibile da una sintesi, a partire da noi, dall’economia di Andrea e l’archeologia di Nicoletta, non solo lauree ma professionalità e passioni rese attive. “Cultura attiva” è il motto di Archeobar proprio in ragione di questo, e cultura attiva è prima di ogni altra cosa lavoro, diritto e dovere, di nuovo, perché non ne saremo mai stanchi.

bancone

Il lavoro sarà narrato in Archeobar perché è una passione allegra che muove tutti noi, un lavoro entusiasmante e possibile anche a Napoli, dove siamo per scelta e non per destino, perché ci vogliamo vivere e non perché ci siamo nati. E, come nella stratigrafia del suolo del nostro bancone, il lavoro sarà narrato così, perché è strato su strato e ogni strato diverso arricchisce il precedente solo quando ci si mescola, e sedimenta e solidifica: ci dà dei piedi forti, come la storia. Allora, proprio a partire da questo felice incontro tra economia e archeologia, narreremo il lavoro, dalle parole che lo rappresentano: oikos, casa, nomos, legge e diritto, archaios, antico, logos, parola. Una specie di diritto del passato, che costruisce il nostro presente, strato su strato. Strati su strati: noi narratori racconteremo di fabbrica (dall’Italsider a Pomigliano, passati e presenti identitari), di scuola (insegnando e imparando il lavoro), di ricerca (che non è solo quella del lavoro o del bando di concorso, anzi), di volontariato (perché la strada sia luogo di comunità e non di devianza), di terra (che produce bene e non brucia), di legalità (perché l’onestà non sia straordinaria), di giornalismo (perché raccontare ciò che accade è creare cittadini consapevoli), di diversità (che è sempre ricchezza) e di tanto altro, di donne e di uomini che ogni giorno ripetono, confermano e difendono il primo articolo della Costituzione – l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro – anche senza saperlo a memoria. Lo faremo a Napoli, che è un topos letterario ma anche una città come le altre, con gli stessi problemi e le stesse opportunità. Lo faremo in Archeobar il 30 aprile, accompagnati da musica bellissima come quella di Daniele Sepe, affiancati dalla II Municipalità e dall’Istituto Campano per la Storia della Resistenza, dell’Antifascismo e dell’Età Contemporanea “Vera Lombardi”. Lo faremo tutti insieme, uno dopo l’altro. Strato su strato.

vincenzo moretti

Sociologo e Narratore. Sono nato nel 1955 da Pasquale, muratore e operaio elettrico, e Fiorentina, bracciante agricola e casalinga. Desidero quello che ho e continuo ad avere voglia di cambiare il mondo.

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2 risposte

  1. Diana Insolvibile ha detto:

    Quegli “ulissi familiari così ispiranti” sono certamente fieri di tutti voi e forse di tutti ..noi.
    Brava Isabella, sento di essere anche io un pezzetto di quegli strati che uno dopo l’altro si accumulano per formare una costruzione meravigliosa.

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