Il valore del lavoro
Ieri mi è arrivata una bellissima mail di Francesco Panzetti, che tra mille altre cose è anche l’autore del fantastico logo de La Notte del Lavoro Narrato 2015.
Mi ha mandato da leggere un articolo che avrei volentieri pubblicato qui, ma lui giustamente aveva in mente il sito della sua associazione, e così ho pensato di provare a incuriosirvi regalandovene un pezzetto, che poi basta un click e la connessione con le idee di Francesco è bella e fatta.
Buona lettura.
«Innanzitutto il lavoro è l’opera del corpo.
Il lavorio dei tendini, la percussione dei muscoli, le architravi dello scheletro. L’architettura sublime che dà forma alle idee, le immette in un campo di forze naturali e umane, nello spazio e nel tempo. Il primo trattato sul lavoro si intitolò “Le opere e i giorni”. Fu l’inscrizione del corpo nella trama della terra, il corpo che stava al mondo. Tutto attorno a noi il lavoro plasma il grande contenitore del mondo: i contadini, gli artisti, gli architetti, i muratori, ognuno dà forma al regno dell’uomo con l’opera propria. E quindi col proprio corpo. Ne porta il sudore, il ritmo dello sforzo, i canti che la gola assetata plasma dall’alba dei giorni come sollievo alla fatica.
Il lavoro è inno e gloria del corpo, viatico per l’esistenza. Si viene al mondo con sforzo, infatti, e con più sforzo ci si deve stare.
Il lavoro è scrittura nella carne del mondo.
La prima scrittura fu nella roccia — non incisa dallo scalpello del lapicida né dallo stilo dello scriba —: fu messa su a fatica, parola per parola, nelle infinite lettere delle pietre con cui le civiltà più antiche hanno eretto mura, templi e statue. L’architettura fu la prima voce del lavoro, il suo primo monumento fu monumento agli dèi.
Ma anche i solchi degli aratri scrissero il lavoro, e le righe che alternativamente i popoli italici scolpivano nel calcare da destra a sinistra e da sinistra a destra si dicono bustrofediche: come si conducono i buoi nel campo.»