Tutte le strade portano a La Notte del Lavoro Narrato

di Mariangela Contursi

contursi1Quello il fatto è cominciato con una passeggiata sul lungomare dopo cena, giusto per fare due passi prima di andare a dormire. Imboccato il Borgo Marinari, proprio accanto all’ingresso di Castel dell’Ovo, notiamo un’aiuola che non avevamo mai visto. Non che quello spazio non fosse lì da sempre, ma a nessuno sarebbe mai venuto in mente di chiamare “aiuola” un triangolo sterrato con quattro ciuffi verdi spelacchiati e pieno di rifiuti, organici e non. Oggi, all’improvviso, scopriamo un piccolo giardino, perfettamente pulito e curato, un orto botanico in miniatura, cinto da una rete verde e con al centro un cartello che riporta il nome dell’esercizio che ha adottato lo spazio: l’Oste pazzo.

Decidiamo di inoltrarci per il Borgo alla scoperta di questo ristorante, al solo scopo di andare a conoscere e ringraziare il gestore per la cura amorevole di quello spazio, non più bruttura da cui distogliere velocemente lo sguardo ma piccolo miracoloso incanto su cui soffermarsi, in una città che non ha alcuna cultura né rispetto per la cosa pubblica.
E’ così che abbiamo conosciuto Giuseppe Napolitano e Gilda Di Biasi, i proprietari del ristorante, una coppia bellissima, in tutti i sensi. Ci siamo presentati, abbiamo fatto loro i complimenti per il bel lavoro sull’aiuola, ci hanno offerto il caffè, e poi… non so dire come, ma ci siamo messi a parlare credo più di mezz’ora, ma fitto fitto, come amici cari, come se, più che conosciuti, ci fossimo ri-conosciuti. Ci hanno raccontato di come l’idea di prendersi cura di questo piccolo spazio sia nata dall’estensione al luogo in cui lavorano, il Borgo, di un amore e di un pratica che vivono nella loro stessa casa. Ci hanno raccontato anche dell’intrapresa solitaria di questa avventura con periodiche missioni di pulizia e di manutenzione da parte di Giuseppe, che duravano giornate intere e che si concludevano con enormi bustoni di rifiuti da portare via. Della guerra con i vigili urbani perché non avevano il permesso di farlo. Dell’iter burocratico per ottenere infine l’adozione ufficiale dell’aiuola. Dello studio botanico che hanno dovuto fare per scegliere le piante adatte ad una zona di mare e la cura aggiuntiva che comunque richiedono perché la salsedine non le secchi. Dell’ultima novità, la recinzione verde, che si è resa necessaria per proteggere l’aiuola dopo che un tizio, con fare arrogante, vi aveva scavato un fosso per seppellire il proprio cane, ché quello spazio prima era di fatto utilizzato anche come cimitero degli animali e forse anche per questo era tenuto così male. E poi da lì siamo finiti a parlare del ristorante, del loro chef che è un mio collega, della passione per la cucina di qualità e della grande attenzione per gli ingredienti della nostra terra come i pomodori San Marzano e l’olio cilentano, e poi della cura e della pulizia dell’area intorno al ristorante. Insomma, lavoro, lavoro, lavoro. Lavoro in ogni cosa, una guerra e una fatica mai viste, e nonostante tutto gli occhi che brillavano. Era inevitabile che finissimo a parlare di Vincenzo Gae Moretti e de La Notte del Lavoro Narrato del 30 aprile prossimo. E’ stato come la ciliegina sulla torta, l’incontro col destino, il pezzo mancante del puzzle che rivela l’intero disegno.

Vincenzo, è vero: le storie di lavoro come quella di Giuseppe e Gilda, come quelle che hai raccontato tu nel tuo bellissimo libro, Testa, Mani e Cuore, sono ovunque, ne siamo circondati. Ed hai maledettamente ragione nel dire che vanno raccontate, va dato loro spazio, mai come in questo momento in cui il lavoro, e questo modo di vivere il lavoro, sembrano scomparsi, e invece non è così. Ed è vero che da qui, da queste storie, dobbiamo ripartire se vogliamo rialzare la testa. Storie di orgoglio, rispetto, dignità, decoro, “non solo al livello personale, ché quello dovrebbe venire da sé, ma anche nel rapporto con gli altri, nella voglia di condividere un’idea, una possibilità, un approccio, quello che ti fa essere consapevole che ogni cosa che fai è connessa a mille e mille altre e dunque, se la fai bene, l’avrai fatta mille e mille volte bene”.
Hai scritto nel romanzo: “La verità è che di belle storie abbiamo bisogno tutti come il pane, bisogna imparare a cercarle perché così le trovi dappertutto, e quando non le trovi tu ti trovano loro, e si prendono cura di te”. E’ esattamente quello che ci è successo ieri sera. Quanto hai ragione.

Il 30 aprile prossimo, il giorno prima della festa del lavoro, La notte del lavoro narrato: Tutti insieme, in tutta Italia, tutti alla stessa ora, in luoghi pubblici o nelle case private tra amici, per leggere, cantare, disegnare, fotografare, filmare, osservare, ascoltare, assaggiare storie di Lavoro.
Chiunque può proporre un incontro, scrivendo qui: lavoronarrato@gmail.com
Noi ancora non abbiamo deciso in che forma, ché troppe sono le cose che vorremmo fare e a cui vorremmo partecipare, ma ci saremo. “Cento per cento”.

vincenzo moretti

Sociologo e Narratore. Sono nato nel 1955 da Pasquale, muratore e operaio elettrico, e Fiorentina, bracciante agricola e casalinga. Desidero quello che ho e continuo ad avere voglia di cambiare il mondo.

Potrebbero interessarti anche...

Una risposta

  1. Giuseppe Napolitano
    Grazie…..

    Mariangela Contursi
    Grazie a voi, solo a voi, che ci mettete testa, mani e cuore!

    Barbara Giuliano
    I napoletani hanno tante storie belle da raccontare xchè sono abituati a lavorare il doppio (soli contro tutti)x ottenere dei piccoli risultati.Ma nessuno vuole ascoltare la loro passione,il loro amore,la loro forza ….è più semplice raccontare degli aspetti negativi!!!
    Grazie x essere andata oltre, noi napoletani, abbiamo bisogno di ascoltare cose positive sulla nostra bella città x migliorarci.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.