La presentazione in contumacia
La presentazione in contumacia mi mancava. Il mio amico Antonio Fresa me ne ha accennato via telefono, credo sia stato perché ho resistito sino al venerdì sera prima di dichiarare forfait, avrei voluto andarci a ogni costo a Narni, e allora gli amici di Librarsi hanno dovuto presentarsi in ogni caso la sera successiva a palazzo Eroli, e alla fine essendosi presentate un bel po’ di persone un po’ hanno parlato del mio libro e un po’ di La Notte del Lavoro Narrato.
Detto che della presentazione in contumacia spero abbia voglia di raccontare Antonio, che lui è bravo assai, e sono certo ci farà piacere leggerlo, voglio aggiungere due cose.
La prima è che sono sinceramente grato ad Antonio e agli amici di Librarsi per tutto quello che hanno fatto e stanno facendo, che se non sei Camilleri o Baricco e non ti presenti da una parte in pratica hai perso ogni speranza che qualcuno legga il tuo libro e invece a Narni ci sono un po’ di lettrici e di lettori che hanno deciso di prenotare, di comprare e di leggere Testa, Mani e Cuore. Che dire, sono commosso, ma veramente, a volte tutto questo mi sembra incredibile, ma comunque accade, e sinceramente mi fa molto piacere, mi fa sentire molto fortunato, e mi fa venire voglia di mettercela sempre tutta perché solo se sei veramente così te la puoi meritare una fortuna del genere.
La seconda è che sono felice che Narni, grazie alla passione e al lavoro di queste persone, e alla loro capacità di fare rete, si appresta a ospitare una gran bella Notte del Lavoro Narrato. Anche su questo vi daremo presto nuovi dettagli, ma mi faceva piacere anticiparvelo, perché poi quello che ci vuole per fare grande l’evento del 30 aprile 2014 è semplicemente questo, passione, impegno, voglia di stare assieme intorno al lavoro.
Lo so che non è poco, però noi contiamo molto su di voi. Di più, senza di voi non andiamo da nessuna parte. Perciò partecipate. Partecipate. Partecipate. M’arraccumanno.
La presentazione in contumacia che Vincenzo Moretti ha voluto riprendere è una espressione che abbiamo coniato per rispondere ad un’assenza e colmare un vuoto per così dire. Intanto le parola ci girano nella testa e ci portano suggestioni che vengono da lontano. Uso parole che non sono mie e le prendo in prestito da una tradizione che le ha, come pietre di fiume, levigate e smussate. Le prendiamo in prestito e le rilanciamo, come bambini che si divertono sulla sponda del mare a far rimbalzare pietre, per andare ancora un poco più lontano.
In contumacia, ripensando ad una idea di Nabokov, è tutta la letteratura. Lo scrittore ricorda, infatti, che la letteratura non è nata quando un uomo primitivo, inseguito da una tigre, entra nel villaggio; la letteratura è nata, invece, quando un uomo primitivo, senza essere inseguito da una tigre, è entrato nel villaggio gridando “aiuto, c’è una tigre”.
Questa estemporanea definizione può piacere o meno e potrebbe sembrare limitante e quasi troppo scherzosa. Ho l’impressione che ci chiami piuttosto ad una grande serietà e a una grande responsabilità. Le storie che narriamo, le parole che usiamo costruiscono mondi, ci pongono in relazione con il “nostro villaggio”, con la nostra comunità.
Oggi raccontare del lavoro e del legame fra gli uomini e il lavoro significa accettare la consapevolezza di dover narrare contestualmente il passato che si dissolve, il presente che diventa precario e il futuro che talvolta facciamo fatica a intravedere.
Il senso delle mie parole nasce dal rispetto per le speranze che devono pur avere i ragazzi con i quali lavoro e ai quali noi non abbiamo alcun diritto di togliere la speranza per il futuro.