Il bello di arrivare dopo
Tantissimi sono stati i modenesi che hanno partecipato alla notte del lavoro narrato. Ma stiamo parlando di due giorni fa: la tempestività non è quindi il forte di questo post che vorrebbe essere un commento a quanto è successo sotto il cielo (diluviante) di questa città emiliana.
Ma il bello di arrivare dopo, quando tanti hanno già scritto su questa esperienza, è di trovare già scritto quello che volevi scrivere. Magari anche scritto meglio. Se rileggo i tweet che hanno composto la diretta della serata modenese, se ripenso alle testimonianze e ai brani letti, ritrovo lo stesso slittamento dal lavoro verso la vita, lo stesso intreccio di storie allegre e tristi, la stessa volontà di affidare la narrazione non soltanto alle parole scritte ma anche al teatro alla musica e alle immagini (ché sempre di narrazione si tratta), la stessa volontà di cogliere la concretezza del fare. Mentre leggevo i tanti post comparsi in questi giorni, mi dicevo “Esattamente quello che è successo anche da noi”. Solo le citazioni o i riferimenti ai brani letti erano immancabilmente diversi, segnale di quanto il lavoro sia sempre stato presente, magari anche solo con una scena (di quelle imprescindibili e indimenticabili, però), nella narrativa e nella poesia. In questo caso, leggevo e mi annotavo il riferimento “Così la prossima volta me lo ricordo”.
Ho letto e ascoltato storie di insegnanti, di imprenditori, di qualcuno che fa un lavoro che-non-so-se-ho-capito-proprio-bene e il grido di aiuto di qualcun altro che il lavoro lo sta cercando e non lo trova e molti altri. Una galleria di personaggi che parlavano di mille cose diverse. Questo per ricordare che viviamo, o forse siamo sempre vissuti, in una società dei lavori. Che è meglio di una società dei consumi.
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