Rosa, Santina and me
Stamattina avevo scritto, ed era vero, che Rosa Maggiore non sapevo chi fosse, e che però sapevo che ha scritto questa frase meravigliosa:
“Il faticoso lavoro di mio padre riempiva di prezioso olio le olive del nostro uliveto. La nostra povera ricchezza.”
Poi ho aggiunto, e lo confermo, che quando dico che basta una frase per condividere una notte indimenticabile come la nostra non dico tanto per dire.
Dopo un po’ mi ha scritto la mia cara amica Santina Verta per dirmi che Rosa è la mamma del marito di sua figlia Venere, in pratica la sua consuocera, e da quel momento Rosa è diventata una persona che non conosco ma so chi è.
E’ passato ancora un po’ e Rosa ha scritto questo a commento del mio post:
“Mio nonno, quando arrivava nel suo agrumeto, salutava così le sue piante: Arbulicchi mei, sugnu cca’. Facemunni bbona cumpagnia finu a stasira. Stanotti v’accumpagnanu a luna e i stiddi. ‘U Signuri vi binirici.”
Dopo di che è ricomparsa Santina che ha scritto: “Ciao Rosetta, ti ascolterei per ore mentre racconti i grandi eventi della vostra famiglia, un patrimonio di storie da tramandare ai nostri nipotini. Grazie!”
Potrei dire, come il grande Peppino De Filippo, “ho detto tutto”, e invece no. Voglio dire ancora che è per questo che per quanto mi riguarda ho sempre pensato alla nostra notte come a una storia e non un evento. Gli eventi sono tali perché sono unici, irripetibili, le storie invece ci fanno compagnia nel tempo, ci aiutano a prenderci cura di noi stesso, a dare senso e significato alle nostre vite. Per questo non è importante in quante/i siete e quanto siete famose/i, è importante soltanto che ci siate, con il vostro libro, la vostra storia, la vostra canzone di lavoro.
Ecco, adesso sì, “ho detto tutto”.